Viva il 25 aprile!

Buongiorno e buona Festa della Liberazione a tutte voi e a tutti voi!
Finalmente dopo i due anni di ristrettezze necessarie per contenere la pandemia, ritorniamo a celebrare questa gioiosa giornata nella nostra piazza Andrea Costa, ovvero nel cuore del nostro paese.
Sì, questo luogo è come se fosse il cuore di Pieve, che scandisce il ritmo vitale della nostra comunità, il luogo da cui si irrora per tutte le strade e i campi del nostro paese l’energia del nostro stare insieme, del riconoscerci nella nostra identità di cittadini di Pieve di Cento ovvero donne e uomini uniti da una ricca storia comune.
I battiti di questo cuore sono rappresentati da momenti quotidiani, da eventi belli ma anche eventi tristi che scandiscono il tempo delle nostre vite, ma sono anche determinati da quei momenti solenni che segnano i passi fondamentali per la vita della nostra comunità. E’ qui infatti che finalmente torniamo a celebrare il 25 aprile, ovvero uno dei momenti che con più forza ed emozione, ogni anno, fanno pulsare di Vita la nostra comunità e, da 77 anni, coinvolge all’unisono tutta la grande comunità italiana.
Con gioia quindi, da questa piazza, rivolgo a tutti voi il mio saluto, ringrazio per la loro presenza e il loro servizio quotidiano le nostre forze dell’ordine, i volontari Alpini della Protezione civile, i volontari Auser e rivolgo il mio benvenuto ai nostri ospiti dell’Associazione “La memoria bellica degli italiani nel mondo” a cui dopo daremo la parola.
Rivolgo il mio saluto e il mio pensiero all’ANPI: al nostro referente locale Alfredo Mezzetti, a tutti i soci e i sostenitori dell’ANPI in Italia. Oggi più che mai abbiamo il dovere di proteggere i valori custoditi da quella che ritengo essere una delle associazioni più importanti della storia italiana, nata con l’obiettivo di onorare chi conquistò la libertà per tutti e nata con la missione di difendere la memoria e i valori a cui si ispirò la lotta di Liberazione.

Sono e saranno questi gli anni in cui stiamo tristemente assistendo alla scomparsa degli ultimi testimoni diretti degli orrori della guerra e dell’eroica Resistenza, le ultime partigiane, partigiani, donne e uomini che misero a rischio la loro vita per liberare il nostro paese dal nazifascismo.
La perdita dei loro ricordi e della loro testimonianza diretta ci sta lasciando in un malinconico vuoto. Stiamo perdendo il carisma e l’autorevolezza con cui in questi 77 anni hanno continuato a raccontarci quello che i loro occhi videro, a dirci degli amori e degli affetti da cui furono strappati, a narrarci quello che le loro vite subirono e l’impresa che insieme ai loro compagni riuscirono a compiere. Ci hanno incessantemente trasmesso il loro insegnamento e il loro appello affinchè quello che loro hanno vissuto mai possa ripetersi. In questi anni con la loro presenza e la loro testimonianza diretta, ci hanno consentito di avere delle basi solide su cui appoggiarci, un punto di riferimento e una fonte della memoria a cui dissetarci.
Mi viene in mente ad esempio Cornelia Paselli, che abbiamo perso solo pochi giorni fa, il 19 aprile. Cornelia era una delle pochissime sopravvissute all’Eccidio di Montesole dove, RICORDIAMOCELO, furono barbaramente uccise dai nazifascisti 775 civili innocenti. Cornelia quel 29 settembre 1944 aveva 17 anni e perse madre, padre e due dei suoi fratelli, della sua famiglia sopravvissero solo lei e sua sorella.

Ecco, mentre leggo i commossi commiati a questi ultimi testimoni, oltre ad un sentimento di tristezza, sento salire anche un forte senso di smarrimento al pensiero che le prossime generazioni saranno le prime a non poter godere direttamente di queste solide basi e di questa pura fonte.
Ma è proprio in questo senso di smarrimento che possiamo o forse dobbiamo trovare il profondo valore della Festa di Liberazione. In un certo senso infatti proprio con la progressiva e inevitabile perdita dei suoi testimoni diretti questa Festa deve sempre più trovare nelle nostre spalle il supporto su cui appoggiarsi, nel nostro amore per la libertà e la verità l’alimento di cui cibarsi, nella gratitudine verso chi ha sconfitto il nazifascismo il vestito con cui ornarsi e nel nostro impegno a difendere la nostra democrazia l’orizzonte in cui collocarsi e proiettarsi nel futuro.

Abbiamo la meravigliosa fortuna di avere ancora fra noi gli ultimi testimoni, alcuni dei quali sono qui oggi insieme a noi in questa Piazza. Facendoci aiutare da loro dobbiamo imparare e prepararci ad esser noi a trasmettere alle nuove generazioni l’insegnamento di quelle pagine della nostra Storia. Dobbiamo incoraggiare i nostri figli a studiare, conoscere, comprendere l’orrore delle leggi razziali, delle guerre coloniali, dei campi di sterminio, dell’olocausto, della guerra mondiale e della guerra civile che ne scaturì. Dobbiamo trasmettere, di generazione e in generazione, quanta sofferenza, quanto odio, quanta disperazione abbiano portato il Fascismo e la Guerra.
Abbiamo la responsabilità morale e umana di sanare quelle ferite ancora aperte dopo 77 anni, ferite inferte ad una comunità lacerata da vent’anni di dittatura e di soprusi squadristi, da 3 anni di guerra disastrosa, da due anni di feroci combattimenti fratricidi fra italiani che lottavano eroicamente per la libertà e altri italiani che avevano invece deciso di restare a fianco della dittatura nazifascista.

Una volta riconquistata la libertà, una volta scacciato l’invasore grazie al sacrificio di numerosissime vite anche giovanissime, come quelle dei nostri Luciano Campanini, Aroldo Taddia e Athos Alberghini, qualcuno in queste terre si macchiò di crimini orribili, probabilmente inseguendo un desiderio di vendetta dopo tutte le sofferenze patite.
Quei prelevamenti e quegli omicidi aggiunsero ferite ad una Comunità già dilaniata, distrussero intere famiglie pievesi fra cui certamente anche quella dei fratelli Govoni.
Di fronte a questa comunità, di fronte alla mia comunità, prima di tutto io, come Sindaco di tutti i pievesi, mi sento addosso la responsabilità di lenire quelle ferite ancora aperte.
Come posso farlo? Come possiamo farlo?

Io credo che la risposta si possa trovare solo facendo ricorso alla nostra umanità: dobbiamo guardare negli occhi quei pievesi, figli o nipoti o pronipoti delle vittime di quei crimini avvenuti a guerra finita.
Sì, partiamo da lì: partiamo con il non tacere quei drammi, denunciamoli tutti insieme per quello che furono, e andiamo a consolare quelle famiglie. Abbracciamole con pietà umana, perché furono le ultime vittime di una terribile, disumana stagione di odio. Solo unendoci umanamente a quel dolore, solo lavorando tutti insieme per rimarginare quanto possibile quelle ferite, potremo proteggere quelle famiglie e tutta la nostra comunità da coloro che in tutti questi anni hanno continuato e continuano invece a gettare sale su quelle ferite sanguinanti, ad alimentare rancore, a confondere, deturpare, stravolgere la Storia usando senza alcuna pietà l’umano e terribile dolore di quelle famiglie pievesi.
Il senso di questo giorno di Festa non sarà mai pieno e profondo quanto potrebbe essere, fintanto che non diventerà la Festa di tutti gli italiani.
Dopo due anni di guerra civile e dopo quello che accadde subito dopo la Liberazione, so che c’è mi accuserà di inseguire un’utopia ma io ne sono profondamente convinto: non possiamo certo pretendere di cancellare i lutti, le perdite e i crimini subiti prima, durante e dopo la guerra, ma dobbiamo fare tutto il possibile, anno dopo anno, giorno dopo giorno, per aiutare i nostri concittadini che ancora con le lacrime agli occhi e la rabbia nel cuore leggono le pagine della storia della loro famiglia, dobbiamo aiutarli a sollevare gli occhi da quelle pagine e leggere insieme la Storia del nostro Paese e del nostro popolo. A comprendere e riflettere su quanto sia stata eroica la lotta di chi decise di ribellarsi alla dittatura, di Resistere, di combattere contro l’invasore e contro l’oppressore.

Soldati che avevano disertato l’esercito della Repubblica Sociale, donne e uomini di età differenti, di estrazione sociale differente, di appartenenza politica differente, si unirono e si rifugiarono sulle colline come nelle valli e si organizzarono per combattere a fianco dell’esercito alleato. Queste donne e uomini riuscirono nell’impresa di sconfiggere il nazifascismo e liberare tutto il popolo italiano.
E poi, subito dopo, quel popolo seppe restare unito per costruire un nuovo futuro per un Paese che era ridotto in macerie fisiche e morali. Quel popolo, di lì a poco, votò per la Democrazia e i Padri costituenti, gran parte di loro ex Partigiani, seppero dar vita ad una delle Costituzioni più belle del mondo della quale Piero Calamandrei, Partigiano, disse:
“Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”
Ecco, solo se saremo capaci di avere l’umanità di asciugare anche le lacrime delle famiglie vittima dei crimini dell’immediato dopoguerra, solo se riusciremo a leggere e contemplare anche insieme a loro la verità e la grandezza della Storia della Resistenza da cui è nato il nostro Paese, libero e democratico, riusciremo a vivere con immensa gioia e gratitudine questa Festa, sentendoci uniti nell’immenso valore di una vita vissuta nella Libertà e nella Democrazia.

Solo così, tutti insieme, ognuno con le proprie idee politiche e scelte di vita, sapremo trasmettere tutto ciò alle nuove generazioni e sapremo difendere il nostro Paese da quegli inganni e tranelli che non sono altro che rigurgiti della Storia. Per colpa dei nostri silenzi, per colpa del nostro disinteresse, per colpa dell’ignoranza in cui ci lasciamo relegare, per colpa di una politica priva di valori e di umanità…quei rigurgiti della Storia ci possono infatti far ripiombare in una società divisa, individualista, che si lascia incantare da chi ci viene a raccontare che “mussolini ha fatto anche cose buone”, si lascia incantare da chi promette “ordine e disciplina” e poi ti condanna a una vita di oppressione e privazione della libertà.
Solo così saremo capaci di capire che se uno governa la Federazione Russa da oltre 20 anni attraverso elezioni discutibilmente libere, eseguendo epurazioni, incarcerazioni e uccisioni di oppositori politici, reprimendo la libertà di stampa…ecco questa persona non è un carismatico leader politico ma un feroce dittatore.
Solo così possiamo capire che la distruzione di intere città, l’uccisione di migliaia di civili fra cui anziani e bambini non è un’”operazione militare speciale” ma è una feroce guerra di invasione e di sterminio di un popolo che va difeso e aiutato a difendersi.

Solo così sapremo comprendere il valore di un’Europa unita e protagonista della costruzione della Pace nel Mondo.
Solo così potremo far battere ogni anno il cuore del nostro paese gridando sempre più forte, tutti insieme: ORA e SEMPRE: RESISTENZA!”